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Si scrive Marco Travaglio, si legge Vittorio Sgarbi. Perchè almeno per una sera, il giornalista torinese sfodera una prestazione che ricorda il principe delle risse televisive, litigando, nella puntata di Servizio Pubblico di giovedì 16 ottobre, prima col governatore ligure Claudio Burlando, poi con un componente del pubblico, poi ancora col conduttore Michele Santoro.

Fu così dunque che persino il serafico Travaglio perse la calma olimpica che lo aveva invece accompagnato in dibattiti precedenti nei vari talk-show: il clamore, in particolare, si manifesta quando Santoro, difendendo il diritto di replica di Burlando, incalza il condirettore del Fatto Quotidiano (“Lascialo parlare, Marco. Non è giusto questo. Non è giusto. Marco, non è giusto!“). Una dimostrazione di forza del conduttore della trasmissione che fa saltare i meccanismi di autodifesa di Travaglio, che di punto in bianco si alza e abbandona la trasmissione.

La singolar tenzone si era accesa dopo la lettura da parte di Travaglio del proprio editoriale a proposito dell’alluvione di Genova e delle responsabilità della classe politica e della Protezione Civile: dopo un botta e risposta Travaglio-Burlando, il 50enne giornalista è stato poi incalzato dalle domande di un giovane genovese, uno dei cosiddetti angeli del fango, il quale gli imputava di “aver fatto un discorso che forse non vede completamente la realtà“. La goccia, questa, che ha fatto traboccare il vaso della pazienza (e dei nervi) di Marco Travaglio.

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