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Paolo Sorrentino torna a far parlare di sé. L’occasione è, ancora una volta, la pubblicità per la Fiat 500 che lo vede nuovamente protagonista, nonché testimonial, dell’auto rappresentativa dell’Italia e dell’italianità nel mondo. Le polemiche, iniziate già qualche mese fa, quando la nota casa automobilistica aveva scelto il regista come suo testimonial subito dopo che questi era stato insignito del premio Oscar per La Grande Bellezza, riaquisiscono adesso vigore a seguito della diffusione del secondo spot.

Nel nuovo video, diretto da Bruno Miotto, Sorrentino è alla guida della nuova 500 Cult con allestimenti top di gamma caratterizzati da tonalità vintage, e si guarda intorno soffermandosi su oggetti diventati dei pezzi di storia: la minigonna, la bubble-gum. Il litorale romano fa da sfondo a 30 secondi di spot, che vengono coronati dal claim finale: “A volte anche le piccole cose entrano nella storia e non ne escono più”. A condire il tutto, la voce di Fred Buscaglione in sottofondo sulle note di Buonasera (signorina).

Le critiche nel web non erano mosse solo contro la casa automobilistica che, in coerenza con i suoi spot precedenti, basava la pubblicità sul concetto di creatività italiana e di “italianità” nel mondo (da qui la scelta del regista italiano vincitore a Hollywood). Considerate le recenti scelte aziendali della Fiat, la polemica, su Internet e in particolare su Twitter, era inevitabile: la Fiat si ricorda di essere italiana soltanto in queste circostanze?

Altre polemiche coinvolgono più da vicino il regista campano che in questa operazione pubblicitaria ci ha messo la faccia. L’accusa è quella di aver “svenduto” la propria credibilità professionale e la propria immagine, costruita dopo anni e anni di lavoro, per il cachet di uno spot pubblicitario.

Il fenomeno, a dire il vero, è da inquadrare all’interno di un trend diffusosi recentemente nel mondo della pubblicità: personalità eccellenti (si va dallo chef pluristellato all’attore di Hollywood) diventano testimonial di prodotti di largo consumo. Basti pensare, a mo’ di esempio, a Carlo Cracco per le patatine San Carlo, Gualtiero Marchesi e il suo sodalizio con McDonald’s, Antonio Banderas impegnato, tra biscotti e plum cake, con la Mulino Bianco.

Si può affermare, senza ipocrisie, che il ragionamento che spinge professionisti del cinema e della Tv a prestarsi a queste marchette televisive è puramente economico: quando il brand paga profumatamente, non c’è etica professionale che tenga. Questa volta, vittima del peccato è Sorrentino, che alla guida della 500 ai fan proprio non piace. Se gli si riconosce di aver prestato la propria immagine ad uno spot a sostegno del Made in Italy, allo stesso tempo gli si imputa di averla però inevitabilmente svenduta: l’arte e la cultura non devono avere un prezzo, sono dei beni assolutamente inestimabili. A veder le immagini però il messaggio che passa è ben diverso: l’arte, a quanto pare, un prezzo ce l’ha, e Sorrentino ne è testimonial.

E’ proprio vero che: “A volte anche le piccole cose entrano nella storia e non ne escono più“; speriamo però che questo non sia il caso della caduta di stile di Sorrentino.

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