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È il 17 Febbraio del 1984 quando sugli schermi di Boston e New York appare per la prima volta l’ultima pellicola di Sergio Leone: C’era una volta in America.
Nessuna improvvisazione, tutto meticolosamente preparato e amato ancora prima che il film nascesse; servirono infatti dieci anni di gestazione al grande successo per approdare nelle sale cinematografiche, con una versione – tra le altre cose – pesantemente mutilata rispetto a quella originaria.

Fu infatti il produttore israeliano Arnon Milchan a decretare le sorti, non buone, della prima uscita di C’era una volta in America: riducendo la durata del film a 139 min, poco più di due ore rispetto ai 229 minuti previsti dal regista (che stasera Rai Movie manderà in onda, alle 21:15), e snaturando il film attraverso un montaggio cronologico delle scene nate invece per aggrovigliarsi e saltare dall’adolescenza (1920) all’età adulta (1932-1933) alla vecchiaia (1968) di David Aaronson detto Noodles (Robert De Niro) e Maximilian Bercovicz, detto Max (James Woods).

Longtemps je me suis couché de bonne heure”: così ha inizio la Ricerca del tempo perduto di M.Proust e Noodles pronuncerà le stesse parole nel dialogo con Fat Moe quando torna a New York dopo 35 anni di assenza: “Che hai fatto in tutti questi anni Noodles?” “Sono andato a letto presto”. Una battuta entrata nella leggenda.
C’è in effetti il sentore di Proust nel capolavoro di Sergio Leone, che crea continua rimandi temporali dell’esistenza della gang formata da Noodles, Patsy, Cockeye e Max, che da bambini squattrinati di New York crescono in un mondo violento e a volte crudele, che la regia non risparmia di rappresentare.

Sulla scia del romanzo di formazione la trama affronta temi come la criminalità, la politica sporca ma anche l’amore e l’amicizia, l’infanzia rubata, insomma l’immagine dell’America metropolitana del primo ‘900, violenta ma desiderosa di riscatto.

La pellicola vinse 5 nastri d’argento, con una prima montatura di 10 ore: il regista, riducendo le scene, non poté che mantenere la colonna sonora di Ennio Morricone che narra con ogni traccia della spundtrack la vita dei personaggi che Sergio gli ha velocemente raccontato prima che il copione fosse finito. I due maestri furono compagni di scuola elementare a Trastevere: la loro collaborazione cominciò con il film Per un pugno di dollari in cui domina il fantastico Clint Eastwood, la leggenda intorno alla pellicola dell’84 narra di un Clint piuttosto offeso per non aver avuto il ruolo di Noodles affidato invece a Robert De Niro.

Per C’era una volta in America film furono investiti 30 milioni di dollari di budget che fruttarono meglio in Europa rispetto che in America, la proiezione al festival di Cannes nel 1984 fu affidata a Nino Baragli, che sotto gli ordini della regia riuscì a rendere il capolavoro che era stato creato: pur riducendo la durata da 10 ore – quale era stata presentata come prima versione da Sergio Leone – a 229 minuti, il capolavoro si colse nella sua complessità e meraviglia.

Ingenti spese si presentarono già da subito per l’acquisto dei diritti d’autore del romanzo Mano armata di Harry Grey, edito nel 1952, dal quale gli sceneggiatori si ispirarono per il personaggio protagonista e per il crudo realismo della narrazione interrotta da squarci di lirismo onirico, richiamato dalla nube di fumo dell’oppio che circonda il protagonista all’inizio e alla fine della pellicola.

Nella prima scena Noodles in una fumeria d’oppio ricorda la giovinezza e tutto il percorso di vissuto che l’ha portato fino a lì, ma sta fumando oppio e l’oppio è una droga che annulla la memoria e proietta nel futuro, quindi il film potrebbe essere solo un sogno di Noodles inibito dagli effetti della droga: l’ultima parola sta a chi lo (ri)vedrà questa sera, alle 21.15, su Rai Movie . Appuntamento con la storia (del cinema).

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