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Non si può certo dire che Jeff Bridges sia uno di quegli attori che vinto l’Oscar sparisce nel nulla. Assolutamente no. Perché, a differenza di altri colleghi, che hanno attraversato come una meteora l’olimpo di Hollywood, quando nel 2010 Bridges vince il suo primo Oscar come migliore attore protagonista per “Crazy Heart”, alle spalle ha già una carriera che ha segnato la storia del cinema made in Hollywood. Se si pensa a Jeff Bridges tutti lo ricordano in vestaglia, bermuda e ciabattine, coi capelli spettinati e la barba incolta, quand’era Jeffrey ‘Drugo’ Lebowski, l’hippie indolente e sfaccendato de “Il Grande Lebowski”, il cult di Ethan e Joel Coen del 1998. Tuttavia, parlare di lui menzionando soltanto una – seppure di notevole spessore – fra le sue innumerevoli interpretazioni, sarebbe ingiustamente riduttivo. Sì, perché quello di Jeff Bridges è un percorso artistico lungo, iniziato praticamente da bambino (figlio d’arte, il padre, Lloyd Bridges, e la madre, Dorothy Simpson, sono entrambi attori) e che dura da oltre 40 anni, nel quale questo “ragazzone” californiano 67enne ha dimostrato di essere un interprete di grande talento e dai valori solidi.

Jeff Bridges in Il Grande Lebowski
Jeff Bridges in Il Grande Lebowski

Umile e discreto, come pochi, apprezzato dalla critica e dai grandi registi che lo hanno diretto (Bogdanovich, Michael Cimmino, John Carpenter, Coppola, Ridley Scott e Terry Gilliam giusto per citarne qualcuno), Jeff Bridges ai riflettori dello Star System ha sempre preferito mantenere un profilo basso, ed è forse questo il motivo per cui nel suo palmares c’è un solo Premio Oscar come miglior attore protagonista, su un totale di sei nomination: la prima (come migliore attore non protagonista) nel 1972 per il film “L’ultimo spettacolo” di Bogdanovich, l’ultima nel 2011 per “Il Grinta” dei Fratelli Coen. Nel mezzo altre tre candidature come migliore interprete non protagonista (“Una calibro 20 per lo specialista”, nel 1975, “Starman” nel 1985 e “The Contender” nel 2001), e la vittoria con “Crazy Heart”, pellicola di Scott Cooper, in cui interpreta una star della country music in declino, logorata dal whisky e dal rimorso dei propri errori.

Jeff Bridges in Crazy Heart
Jeff Bridges in Crazy Heart

Invece, per Jeff Bridges, la carriera dopo la vittoria all’Oscar è stata tutt’altro che in declino. Nello stesso anno in cui si aggiudica la preziosa statuetta lo vediamo anche in “Tron: Legacy” e “Il Grinta”, diretto nuovamente dai fratelli Coen, in cui interpreta il grande Grinta, reso celebre da John Wayne. Tre anni dopo è nel cast di “R.I.P.D. – Poliziotti dall’ aldilà”, film tratto dall’omonimo fumetto di Peter M. Lenkov, mentre nel 2014 recita in “The Giver – Il mondo di Jonas” e ne “Il settimo figlio”, regia di Sergei Bodrov, adattamento cinematografico della serie dark fantasy “La maledizione del mago”. Di recente invece ha doppiato l’aviatore nel film d’animazione tratto dal celeberrimo libro di Antoine de Saint Exupéry, “Il piccolo principe”. e presto sarà il fuorilegge E. J. Watson nel film “Shadow Country”, adattamento del romanzo di Peter Mathiessen sceneggiato per il cinema da David Milch, showrunner della serie tv “Deadwood”.

Che fine ha fatto Jeff Bridges, Premio Oscar per Crazy Heart?

Fuori dalla settima arte, Jeff Bridges si impegna attivamente nel sociale (ha fondato l’organizzazione umanitaria “The End of Hunger Network”, finalizzata a incoraggiare e supportare iniziative per ridurre la fame nel mondo dei bambini), dipinge, compone, canta, e come ha raccontato nella mostra intitolata “Jeff Bridges Photographs: Lebowski and other big shots”, che racchiude i suoi scatti dai film che ha interpretato, è anche un bravo fotografo. Ma dopo la recitazione è forse la musica country la sua più grande passione. Una passione a cui però ha sempre anteposto la carriera di attore, fino al momento in cui sulla sua strada ha incrociato Bad Blake. Fare “Crazy Heart” deve avergli smosso qualcosa dentro e nel 2011 è uscito “Jeff Bridges”, il suo vero esordio come musicista (aveva già inciso dieci anni prima un disco, “Be here soon”, passato completamente inosservato). E non è finita qui. A quasi 67 anni, Jeff Bridges continua ad esibirsi con la sua band, che si chiama The Abiders (un riferimento ad una delle sue battute più famose ne “Il Grande Lebowski”). Nel 2014 hanno pubblicato un album live, e continuano ad esibirsi tra Stati Uniti e Canada. “È così strano vivere il tuo sogno di adolescente. Ma, sai, non si è mai troppo vecchi per sognare!”.

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