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Federico Buffa lo aveva anticipato: l’episodio finale di Buffa racconta Storie Mondiali, dedicato al trionfo azzurro a Spagna ’82, sarebbe stato per lui il più difficile da girare. Difficoltà ampiamente superate, visto che Italia Mundial, l’ultima favola che chiude il ciclo di dieci puntate proposte da Sky Sport – andata in onda eccezionalmente di venerdì – si rivela all’altezza, se non superiore alle precedenti.

Perchè in fondo si parla di noi, noi in quanto Italia, noi in quanto popolo da ricompattare: e se c’è un elemento che più degli altri riesce ad unire 56 milioni di persone (che oggi sono 60) quello è rappresentato dalla maglia azzurra. Specie quella di un azzurro tendente al blu indossata dagli eroi del mundial giocato in terra iberica, iniziato sotto i peggiori auspici (con critiche feroci e una quasi rissa tra Marco Tardelli e il giornalista Mario Sconcerti) e terminato come nessuno – o quasi – osava sperare.

Come di consueto, si parte raccontando altri episodi chiave, dentro e fuori dal campo, di quel mondiale: dalla surreale interruzione di Francia-Kuwait per mano di uno sceicco – decisivo ai fini dell’annullamento di un gol dei francesi – alla delicatissima situazione tra la Madre Russia e i paesi del blocco orientale, sintomo di un’ideologia e di uno status quo scricchiolante.

É il nostro mondiale però. Quello che il più delle generazioni ricorda con maggiore passione e quasi più nitidezza. Ecco perchè la seconda parte del racconto Buffa la dedica alla nostra storia: una Nazionale che da brutto anatroccolo diventa un meraviglioso cigno, sbocciando all’improvviso ed eliminando le quotate Argentina e soprattutto Brasile. Perchè l’Italia rende solo quando si trova sotto pressione, con tanto di Under Pressure (Bowie-Queen) in sottofondo.

E rende grazie al carisma di Zoff e Scirea, come un fratello maggiore e minore. Ai muscoli di Oriali, per cui Buffa rispolvera la citazione di Ligabue in “Una vita da mediano” (Anni di fatiche e botte e vinci casomai i Mondiali). Alla versatilità di Tardelli, un urlo rimasto nella storia, insieme a quelli di Munch e di Ginsberg. Alla forza, nella testa e nelle gambe, di Bruno Conti. Allo stato di grazia del redivivo Paolo Rossi, reduce dallo scandalo calcio-scommesse del 1980 e tornato in attività appena due mesi prima del torneo iridato. E poi grazie alla guida della Nazionale, il Vecio, Enzo Bearzot, scomparso il 21 dicembre 2010, esattamente 42 anni dopo il suo illustre precedessore, Vittorio Pozzo.

Quasi a sublimare l’aspetto poetico, sociale e totalizzante del pallone che rotola, Federico Buffa conclude l’episodio raccontando delle lacrime di Nando Martellini dopo aver raccontato la finale vinta contro i tedeschi.

Lacrime che saranno idealmente scese sulle guance di tutti gli appassionati arrivati alla conclusione del ciclo condotto da Buffa.

Il miglior antipasto pre-Mondiali possibile e immaginabile.

[Ph. Credits: Sky Sport]

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