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Un amore finito, l’ultimo accordo di una canzone, un lavoro lasciato a metà, un treno perso sul più bello. Una morte. Un lutto è questo e molto altro, così lo definiscono i nove autori che hanno partecipato al progetto “lutto libero” da cui è nato un libro da pochi giorni disponibile online e già entrato tra i best sellers di amazon.

Nove storie che parlano di morte, ma insieme e soprattutto raccontano la vita. Raccontano i fallimenti, le perdite, le sconfitte e le speranze, questo tempo che scorre carsico sotto gli eventi, quest’idea che in fondo c’è una fine per tutto. Preferiamo non vederla, dimenticarla. C’è chi preferisce guardarla in faccia scriverne. Per affrontarla, per liberarsi.
A raccontarci il progetto sono due autori, Serena e Alessandro.

“Lutto Libero”: un titolo d’impatto, forte. Forse difficile da definire, che significato date a questa espressione?

A: “Il lutto è sempre relegato in uno schema. É come una canzone che deve necessariamente fare il giro di do. Sempre uguale. Morte – Lacrime – Nostalgia – Lacrime. LuttoLibero svincola la parola “lutto” da un unico significato. Il lutto è anche una perdita di una partita di calcio, un amore perso per uno stupido orgoglio, un treno perso sul più bello. É libero come un si bemolle maggiore che rompe il giro”.

S: “perché il lutto va in un certo qual senso anche “sdrammatizzato”, pur sempre nel rispetto del dolore che esso provoca, certo, ma lo scopo di questa raccolta è proprio quello di liberarsi da esso, di partorirlo e farlo diventare altro da sé”.

Nove racconti legati dal fil rouge della morte e della perdita: come è nata l’idea di un progetto su un tema così difficile e come si è sviluppata?

A: “Credo che non sia un tema così difficile. Abbiamo tentato di costruire un approccio più light e naturale a qualcosa che è insita nella natura. L’idea è nata da una telefonata tra me e Cristiano Carriero. Io e Cristiano abbiamo in comune un sacco di cose. Tra le tante l’Inter/lo sporti/i social/la puglia/la chitarrà/i falò, abbiamo in comune il lutto dei nostri padri. Io volevo raccontarlo, era qualcosa che dovevo fare. É stato terapeutico. Cristiano ha saputo guardare oltre e mi ha proposto di “aprire” ad altri scrittori. Così è partita una fase di recruiting online”.

“L’unico modo per rimandare la morte è raccontare la vita”. Si può dire che, paradossalmente, un racconto che affronta il tema della morte in fondo e prima di tutto è un racconto sulla vita? E quali sono gli altri temi che dobbiamo aspettarci nella lettura del libro?

S: “In realtà il tema del lutto è ben più ampio. Non è solo la morte fisica ma tutto ciò che è perdita, tutto ciò di cui si sente la mancanza. Quindi sì, certo, parlando di morte si parla sicuramente anche di vita. I racconti trattano temi diversi, dalla fine di un amore, alla vita-non vita di un impiegato, passando anche attraverso lutti più “canonici” e lutti decisamente stravaganti”.

A: “Raccontare la vita non è solo ricordare con nostalgia e il fazzoletto nella fondina; ma è sorridere, emozionarsi, guardare tutto da un’altra prospettiva. Come dice Daniele Silvestri (e altri prima di lui) ‘per essere capaci di vedere cosa siamo dobbiamo allontanarci e poi guardarci da lontano, da un areoplano'”.

Il lutto e la perdita sono due momenti che appartengono al vissuto più intimo e individuale di ognuno. Come nasce un racconto sulla perdita? Vi sentite i personaggi del vostro libro o vorreste essere loro?

A: “Posso rispondere per me, ovviamente. Il mio racconto si intitola “Fenomeno”. Lì dentro ci sono io e tutta la mia storia. Ci sono cose che non avevo mai avuto il coraggio di dirmi guardandomi allo specchio. Ho preferito scrivermi allo specchio”.

S: “Un libro che narra le diverse sfaccettature di questo tema non è altro che un racconto corale che va al di là dei nove autori che vi hanno partecipato. E’ una raccolta alla quale ognuno di noi può portare un pezzo di sé o ritrovarcisi…mal comune mezzo gaudio insomma. Se si capisce di non essere soli nell’elaborazione del lutto magari ci si fa un po’ di coraggio in più”.

Viviamo in un mondo che vuole far credere all’uomo di essere immortale, di poter superare ogni limite. Che valore ha secondo voi un libro sulla morte, sul limite in assoluto più certo e insuperabile?

A: “La morte è uno dei temi ricorrenti in psicoterapia. Una paura ancestrale radicata negli esseri umani. Spesso deve essere esorcizzata anche con un ebook. Perché no. Non sono totalmente d’accordo con l’atteggiamento occidentale nei confronti di questo argomento.
Che valore ha questo libro sulla morte mi chiedi? Un valore lowcost. 1,99 euro. Costa meno di un cicchetto di rum ma vi terrà compagnia per 9 sere”.

S: “Una mia amica infermiera mi raccontava che non siamo più capaci di affrontare la morte, osservando la tenacia con cui parenti di ottuagenari in fin di vita non si arrendono al destino prossimo dei loro congiunti. Non so se l’uomo oggi si creda immortale, forse semplicemente è talmente tanto spaventato dalla morte che cerca di esorcizzarla in ogni maniera possibile. Un libro sulla morte serve a questo, a far fare pace con la morte stessa. Esiste, c’è, coinvolge tutti, inutile combatterla, meglio farsela amica”.

Quattro buoni motivi per leggerlo?

A: “Perché morto un racconto se ne fa un altro.
Perché i racconti sono scritti con la gioia nel cuore.
Perché conosci un altro modo per fregar la morte?
Perché se un portale che si chiama BlogLive scrive di un lutto è fantastico!”

S: “Solo quattro? J I buoni motivi per leggerlo sono nove come nove sono i racconti. Ognuno di essi ha in sè un ottimo motivo per essere letto”.

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