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Credits: Hoopoe Film

Un incubo. È stato un vero incubo, confessa la regista Khadija Al Salami, girare le riprese del film de La sposa bambina, in uscita il 12 maggio con Barter Entertainment.

Tratto dall’autobiografia bestseller I am Nujood, age 10 and divorced, scritta da Nujood Ali con la giornalista Delphine Minoui – tradotta in 17 lingue e venduta in 35 Paesi – il film racconta la vera storia di Nojoom, una bambina yemenita di soli dieci anni che, obbligata al matrimonio dalla sua famiglia, riuscirà a ottenere il divorzio dal marito vent’anni più grande di lei. Fin dai primi giorni di matrimonio Nojoom è costretta a subire ogni forma di violenza fisica e psicologica, protagonista suo malgrado di vicende che si intrecciano con quelle personali della regista.

«Il giorno del mio matrimonio giocavo, ero una bambina. E alla fine, dopo tutto, sono tornata a scuola[…] In Yemen non abbiamo psicologi, si ricorre all’autocura. La vita è stata la mia terapia. Da sola ho trovato la mia guarigione. E ora ne posso parlare senza piangere. Ora mi sento sollevata».

Khadija Al Salami, nata a Sana’a, è la prima donna film-maker e produttrice yemenita, anche lei come la protagonista costretta a sposarsi ad otto anni con un uomo più anziano di lei di vent’anni. Disconosciuta dalla famiglia al momento del divorzio, appena undicienne inizia a lavorare nel pomeriggio e ad andare a scuola la mattina. La cultura e l’educazione l’hanno salvata. Dopo aver girato il mondo e realizzato oltre 25 documentari, nel 2009 torna in Yemen per raccontare la storia di Nojood.

Credits: EPA/JAVIER ETXEZARRETA
Credits: EPA/JAVIER ETXEZARRETA

Nonostante il divorzio per la protagonista arriva nel 2008, le riprese del film iniziano solo nel 2014 a causa dei lunghi tempi per l’acquisizione dei diritti cinematografici. Lo Yemen non è un posto facile. Il film è stato interamente girato di nascosto ed è stato tutto molto faticoso, specialmente trovare una giovane attrice che interpretasse il ruolo della protagonista. Alla fine è stata la sorella della regista a proporre le sue due figlie, diventate promotrici della lotta contro i matrimoni combinati.

Non è un caso che la regista parla spesso alle scuole e chiude la pellicola con l’arrivo di Nojoom in una di queste. È con la cultura, con la conoscenza che si combattono situazioni come quella de La sposa bambina. In un’intervista afferma: «Il problema può essere risolto, in termini psicologici e fisici, portando a conoscenza i fatti, lavorando sull’educazione. Dobbiamo spingere il governo a combattere la povertà, e anche a lavorare sulla legge: oggi se una ragazza viene costretta a un matrimonio precoce può rivolgersi alla corte e chiedere aiuto, ed essere difesa. È un problema di cultura, che non riguarda solo lo Yemen, ma anche l’India, e molti paesi dell’Africa e dell’Asia. E, oltre che con la cultura, ha a che fare con la povertà. Se non avessi potuto andare a scuola, e studiare, non sarei stata quello che sono oggi».

Ogni giorno nel mondo 37.000 bambine sono obbligate a sposare uomini molto più grandi di loro. Il matrimonio precoce e forzato è una violazione dei diritti umani. Il film propaga idee di libertà e diffonde il desiderio di giustizia per tutte quelle bambine già spose e per quelle che lo diventeranno. Tocca a noi agire secondo coscienza, nella speranza che un giorno i matrimoni infantili vengano finalmente dichiarati illegali, reclamando il diritto alla vita ed esortando al rinnovamento culturale, morale e civile di un paese ancora estremamente arretrato.

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