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Sincero, diretto, testi a tratti in equilibrio, a tratti spietatamente lucidi, un po’ come il vino. E’ Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile, cantautore aretino classe 1981.
Alle spalle ha il successo dell’album d’esordio “Siamo morti a vent’anni” (2012), un festival di Sanremo (2013), molte collaborazioni (dai Negrita ai Club Dogo) e la partecipazione alla colonna sonora della serie “Braccialetti Rossi” di Rai Uno.

Il 2 settembre è uscito il suo nuovo disco “In Cile Veritas”: testi spigolosi, sospesi tra funambolismi verbali e ironia ma autentici,sentiti. Testi che parlano d’amore, ma anche della vita, di cosa significa avere 20-30 anni nel mondo di oggi e di come questo mondo si incastra con quello che siamo, con quelle relazioni che spesso ci fanno star male ma che in fondo ci salvano, piccoli ritagli di umanità in una vita troppo veloce.

Noi di Blog di Cultura abbiamo avuto il piacere di rivolgergli qualche domanda.

– A settembre è uscito il tuo nuovo disco “In Cile veritas”: un titolo originale che incuriosisce. Cosa vuole esprimere? C’è un significato particolare nascosto nelle parole?

Il Cile: E’ un titolo che rilegge con satirica ironia il celebre motto – in vino veritas– , vuole essere un omaggio alle mie origini toscane ed allo stesso tempo celebrare goliardicamente il concetto di brindisi ed evasione etilica che sovente traspare dalle liriche nell’album.

– La critica ha definito il nuovo album come “raggiungimento di una maggiore maturità espressiva”. Cosa pensi sia cambiato rispetto a “Siamo morti a vent’anni” e cosa invece hai cercato di mantenere del vecchio sound?

Il Cile: Il sound è più lavorato e più eclettico. Per il resto la mia urgenza espressiva urticante e spigolosa a livello di testi resta ma in questo caso è più meditata e calibrata, anche nel canto ho cercato di spaziare maggiormente a livello di tonalità vocale ed interpretazione.

– L’amore e le storie andate male sono un tema ricorrente nelle tue canzoni. Quanto pesa l’elemento autobiografico nei tuoi testi e quanto ti ispiri a storie a te vicine? Per te scrivere è anche un modo per superare momenti difficili?

Il Cile: Scrivo sempre partendo da spunti autobiografici e posso dire che la scrittura è la terapia che riesce a tenere a bada i miei tormenti e le mie turbolenze emotive.

– Nonostante l’amore sia il tema dominante, nei tuoi testi non rinunci a guardare il mondo intorno, anche con ironia. Si può dire che le tue canzoni non sono solo racconti ma anche un messaggio ai giovani e ai meno giovani che l’ascoltano?

Il Cile: Decisamente, questo è il mio intento e sicuramente nel mio prossimo lavoro tutto questo sarà più evidente.

– La tua esperienza a Sanremo è stata particolare: ricorda quelle di molti (da Vasco a Zucchero) che non vinsero ma ottennero comunque grande successo. Cosa ne pensi del Festival? Lo rifarai?

Il Cile: Il festival è una vetrina importante ed un palco che ha visto passare sopra di esso pezzi importanti della storia musicale italiana, lo rifarei per sfida personale e perchè è un’esperienza che fortifica e arricchisce.

– Ci sono dei “modelli’, cantanti o generi, a cui si ispira la tua musica? Se non avessi preso la strada del cantautorato che genere avresti sentito più tuo?

Il Cile: I grandi cantautori della musica italiana, in primis De Andrè e il rock inglese ed americano di rilievo da metà anni 60 ad oggi , se avessi dovuto scegliere un’altro genere avrei scelto il punk hardcore.

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