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Una carriera di oltre 40 anni per Diego Abatantuono, che, a 61 anni, non conosce sosta e ora lo vediamo a Quelli che il Calcio e soprattutto a Eccezionale Veramente, il primo talent sulla comicità, un’arte che lui conosce bene: «È molto più dura far ridere. Il salto nel drammatico non è difficilissimo: se ce l’hai, ti viene. – ha spiegato a Sette – E comunque puoi studiare recitazione, memoria, stile. È difficile se sei un attore drammatico e devi fare il contrario.»

«Se sei un comico, lo sapevi già prima: è un talento che non impari a scuola. Se non sai disegnare, puoi anche andare a Brera (sede dell’Accademia di Belle Arti di Milano) ma non sarai mai Picasso».

Abatantuono è nato comico e oggi ricorda con rammarico gli esordi in cui fece tantissimi film di successo, dei veri cult del genere, da Arrivano i Gatti a Il Papocchio, da I Fichissimi a Eccezzziunale… Veramente, Attila il Fratello di Dio e tanti altri, troppi: 17 film in soli tre anni. «Una gestione assurda, a causa della mia giovane età e della mia ignoranza. – ricorda – Avessi avuto qualcuno che mi consigliava, avrei fatto un film ogni due anni come Verdone e Troisi. Sarebbe stata un’altra vita».

All’improvviso infatti Diego sparì dai radar salvo tornare in un ruolo drammatico in Regalo di Natale di Pupi Avati: a 30 anni si reinventava nel cinema d’autore aprendosi a una carriera di alto livello, comprensivo di Premio Oscar per Mediterraneo.

Negli ultimi anni è tornato a far ridere, forse perché vede che la gente ne ha bisogno, o forse perché è proprio nella natura di un comico far ridere la gente, portando allegria anche se per pochi minuti.

Si arrabbia con le nuove generazioni: «Siete malati. Il problema di questi telefonini è diventato grosso».

Potrebbe instillare nuova coscienza attraverso la risata, se fosse così sarebbe bello.

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